Nel mio Pantheon Enrico c’è …

Ho visto papà piangere poche volte. È un uomo forte che nasconde le sofferenze, i sentimenti. Ricordo tutte quelle lacrime. Quella per la morte del padre, nonno Antonio. Quelle per la morte della suocera, nonna Gelsomina, che l’ha trattato ed accolto come un figlio. Sono cose che non si dimenticano. Per i figli, i papà, soprattutto quando si è piccoli, sono gli uomini più grandi del mondo. Un bambino vede il padre un gigante che da certezze, sicurezze. Vedere un momento di normalità, perché le lacrime sono la normalità, per un bambino, per un ragazzo che percepisce il padre come un superuomo, che non piange, resta impresso e per sempre. Avevo dieci anni, erano giorni che in casa non si parlava d’altro, del comizio di Padova, del malore. C’era attesa, l’Unità che di solito si comprava solo la domenica, era diventato il primo acquisto in una casa dove si leggeva il quotidiano una volta a settimana. Poi la tv, i tg, i bollettini medici. Lacrime, tante lacrime. Era l’11 giugno del 1984 quando al telegiornale la notizia arrivò come un fulmine a ciel sereno: Enrico Berlinguer è morto. Quelle lacrime mi sono rimaste impresse ancora oggi quando penso alla politica, quando penso alla bellezza della politica non posso non  ricordarle. Lacrime che portarono altre lacrime, quelle di mamma, di nonna ed anche le mie lacrime per la morte di Enrico. Si Enrico, come uno di famiglia. Si, quella che è stata la grande famiglia del Partito Comunista italiano. La mia famiglia, quella che non si rinnega, quella che si porta dentro senza se e senza ma. Qualcuno era comunista perché Berlinguer era una brava persona diceva Giorgio Gaber. Ho visto poco del confronto tra i candidati alle primarie del centrosinistra ero fuori per impegni, mi riservo di vedere oggi su internet tutto il dibattito che a prima vista mi è sembrato pacato, democratico e costruttivo. Una bella serata di democrazia per il paese. Mi è dispiaciuto però che nessuno abbia inserito nel proprio Pantheon Enrico Berlinguer. Nel mio c’è ed è motivo di orgoglio e penso cari amici e compagni che sia anche nel dna di molti uomini e di molte donne che hanno la consapevolezza che non si possa più ricostruire il grande PCI. Bisogna costruire altra cosa rispetto al passato, che però non va cancellato. Oggi bisogna saper rappresentare e rimettere al centro il mondo del lavoro che c’è e quello che non c’è. Oggi più che mai c’è la necessità di costruire la sinistra in questo paese. Dico costruire e non ricostruire perché ho la consapevolezza che bisogna fare altra cosa rispetto al passato. Bisogna costruire non un partito che sia la somma di movimenti che, in alcuni casi, sono la somma tra decimali. Il nostro scopo e la nostra volontà deve essere  quello di intercettare quella sinistra che c’è. Quella sinistra che però in questi ultimi anni ha scelto di stare a guardare, di restare all’uscio o addirittura di non votare. Bisogna cambiare tutto per cambiare il paese. Tutto questo guardando al futuro e non dimenticando il passato. Rimettendo al centro quella “Questione Morale” che Enrico ci ha insegnato.

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1 Commento

  1. caro tonino,mi hai fatto commuovere di nuovo come quei giorni,dal 7 ,al 13 giugno.,giorni dei funerali di enrico,io ero lì.tra quei 2milioni di compagni,è non…..grazie x le parole è per aver ricordato a chi non ha memoria il nostro enrico…un abbraccio fraterno ,gennaro esposito

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