Un programma snello e condiviso, una carta di intenti e primarie… anche per scegliere deputati e senatori.

Non so se il parlamento riuscirà a cambiare la legge elettorale. So solo che bisogna tornare a parlare al popolo e non alla sua pancia. Non atteggiamenti di facciata, serve serietà. In Italia c’è voglia di cambiamento, in politica c’è bisogno di cambiamento, bisogna mettere la parola fine ai “caminetti”. C’è bisogno di un impegno serio e condiviso per ritrovare l’unità per essere protagonisti dei contenuti programmatici del centrosinistra. Nel paese c’è voglia di cambiamento. A dircelo sono le ultime elezioni amministrative, a dircelo sono i ballottaggi. C’è voglia di cambiamento, un cambiamento che investe tutti anche noi, compagni. Pensare che Sel sia immune da questo vento che fischia nel paese, sarebbe deleterio per il nostro progetto ambizioso: ridare una sinistra all’Italia. Una sinistra di governo, una sinistra che sappia rimettere il lavoro e gli ultimi al centro del paese. Quello che ho visto non è antipolitica, bensì voglia di politica, di una nuova politica. Sel cresce ma non come ci aspettavamo. Il Pdl si è liquefatto, Berlusconi pensa di ritornare in campo addossando le responsabilità solo ai colonnelli del suo partito personale. “Bisogna cambiare il nome” tuona il leader della pornocrazia. Come se il problema fosse quello. Il Pd tiene, è l’unico partito che regge, ma è innegabile: non vince. Si non vince oserei dire che se il Pdl perde al primo turno il Pd perde al secondo: Parma, Palermo.  Segnali che non devono essere sottovalutati. C’è una vera arma che tiene in piedi il Pd, vittorioso in tutti i calcoli elettorali: ma spesso con candidati altrui, come succede a Palermo e Genova dopo Milano e Napoli. La scelta dei candidati è importante, com’è importante il ritorno tra la gente. La sinistra non deve entrare nello show, sarebbe perdente, uguale agli altri, e poi c’è chi è più bravo chi incarna a suon di battute la tragica vicenda Italia! Oggi più che mai c’è il bisogno di equità, di giustizia sociale, di legame sociale, di dignità, di responsabilità, c’è bisogno di riportare il tema del lavoro e dei diritti quale fulcro del cambiamento. La sinistra è chiamata a rispondere e questa sarà l’ultima chiamata.  Abbiamo sempre detto che il programma e la leadership del centrosinistra non devono essere definiti da quattro persone in una stanza, ma con la partecipazione degli elettori. La stessa cosa vale per chi correrà col nostro simbolo alla Camera o al Senato. Se Sel si vuole candidare a essere punto di riferimento per l’alternativa, dotato di una classe dirigente unita dalla forza delle idee, deve rinnovarsi e proporsi in modo serio ai cittadini. Con l’attuale legge elettorale tutto ciò non è possibile. Allora bisogna restituire il diritto di scelta agli elettori attraverso le primarie. Il nostro prima obiettivo è cambiare la legge elettorale ma le elezioni si avvicinano e nulla all’orizzonte. Nell’attesa del “cambiamento” di una legge che sta bene a tutti, Sel deve aprire le sezioni chiedere nuova linfa per un progetto ambizioso. Se Sel vuole essere l’alternativa deve puntare sulla territorialità. Solo in questo modo è possibile costruire una nuova classe dirigente e un partito in grado di attrarre un popolo stanco. Se cambiano la legge elettorale? Avremo fatto un pezzo di campagna elettorale e avremo costruito le liste senza invenzioni dell’ultima ora facendo un grande passo in avanti a mio avviso. Più che antipolitica il segnale che viene dalle ultime elezioni amministrative è voglia di politica. O si cambia, semplicemente, o si muore. Bisogna ridare un valore alla politica, alla funzione democratica dei partiti, rendendoli forti bisogna aprire le sezioni, bisogna smetterla con riunioni interminabili di ceto politico, riunioni che parlano solo a noi, riunioni a volte patetiche per affrontare misere questioni di bottega, di sezioni che non vogliono aprirsi, o di pseudo dirigenti che pensano di stare ancora nelle sezioni del Pci dove un intervento di due ore possa cambiare il destino del mondo. E se utilizzassimo tutto questo tempo per parlare alla gente? E tornassimo quotidianamente a far capire non solo ai nostri iscritti qual è il Sel pensiero? A mio avviso faremmo cosa buona e giusta per il paese. Un programma snello, una carta di intenti per cambiare l’Italia. Primarie si, bene la proposta di Bersani perché le primarie funzionino però c’è bisogno di più politica e non di meno politica. Ce n’è bisogno prima di farle, per motivarne con chiarezza il perché, ce n’è bisogno durante per costruire tra i candidati un denominatore politico programmatico comune, ce n’è bisogno dopo per costruire un tessuto di idee e proposte in cui si riconoscano tutti. Oggi il combinato disposto della crisi economica e sociale, del taglio delle risorse per gli enti locali e la crisi della politica in una complessa fase di transizione verso un nuovo assetto politico e istituzionale genera incertezza e ansia di cambiamento. Il buon senso non è fare conti interni ma guardare alla pancia del popolo che è fuori dalle nostre stanze sempre più vuote e ridare speranza al nostro elettorato e non c’è altro modo per farlo se non spingerlo a tornare a pronunciarsi perchè altrimenti c’è il rischio che saremo sempre di meno. Dobbiamo andare alle primarie, buttare il cuore oltre l’ostacolo, dare speranza e questa la diamo solo se si capisce che quest’Assemblea ha la forza di riaprirsi a quei militanti che oggi ci guardano con preoccupazione, con rabbia.

Tonino Scala

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