Last Christmas

di Tonino Scala

“Miette chella canzone”.
Le parole di Michele ‘o Playboy non si fecero attendere anche in quel carnevale.
Un carnevale casalingo.
Un carnevale mascherato.
Mascherato mo’, avevamo tutti una maschera di carta legata con un’elastico. Tutti tranne uno, ‘o Playboy.
Il suo giubbotto nero, di pelle, alla Fonzie, la sua maschera serale da figo di periferia!
Le feste nelle palazzine erano tutte uguali, a dire il vero anche nel centro cittadino eran così.
Il tavolo da pranzo riposto nella cameretta, le sedie lungo il perimetro della stanza, ed ecco il soggiorno diventare una pista da ballo.
Accendere e spegnere la luce erano gli effetti psichedelici.
I lenti lo strumento che faceva pulsare con irruenza non solo i nostri cuori.
La coca corretta con un po’ di vodka trafugata dal mobile bar di casa, lo sballo che volevamo permetterci.
“A vuò mettere o no chella canzone”.
“Aspetta che fernesce stu piezze. Aggio già priparato ‘o disco”.
Michele la scrutava, la guardava. Anche lei non era indifferente e quando quegli sguardi s’incontravano, lei abbassava gli occhi.
Anni ottanta, feste in casa, stereo a cassette e a dischi, il cd non era ancora arrivato.
Le canzoni si mixavano con il passaggio dalla musicasetta al vinile.
Avevo uno stereo sgangherato che faceva il suo dovere: lo portavo ovunque.
Tante casette mixed by Enry comprate a Pompei di fronte agli scavi su una bancarella.
I dischi, pochi a dire il vero, presi con i risparmi da Raffone al corso.
Tanti i singoli, costavano meno.
Tra questi, un 45 giri, che sul lato A aveva impresso quella canzone là.
Michele non riusciva a pronunciare il titolo, ma quel pezzo lo adorava.
Faceva il meccanico Michele, ci sapeva fare con i motori e con le donne, ma aveva bisogno di quel pezzo lá per esercitare tutta la sua ars amatoria di periferia.
“Ma mo fai fa o no? A vuò mettere sta canzone? Aggia fa ‘o speziale!”
Eccola quella canzone lá.
Vi chiederete, giustamente, qual è il titolo.
A distanza di trent’anni riecheggia in questa notte di Natale passato oramai che mi fa pensare già al Last Christmas.
Penso a Michele so che anche lui la starà ascoltando nella sua camera da letto.
Lui e tanti ragazzi degli anni ottanta che sognavano il mondiale di calcio di un novanta che non era la paura della cabala, ma un traguardo.
Lui e una generazione di paninari che sognavano le Timberland e il Moncler.
Chissà se anche Michele avrà i capelli bianchi e la panza. Avrá ancora i capelli? Chissà! Avrà figli? Si sará sposato? Chissà!
Chissà se quel giubbotto di pelle è ancora presente nel suo armadio come un cimelio.
È notte e la colonna sonora della mia mente e quella di tanti, in questa notte di Natale appena trascorso, è quella canzone là, la canzone dei lenti, la canzone di una generazione, la canzone di quando ci batteva forte il cuore.
“I feel so unsure, as I take your hand and lead you to the dance floor.As the music dies, something in your eyes. Calls to mind the silver screen…”
Sembra ieri invece…”And all its sad good-byes…” Careless whispers, quella canzone là, vivrà fino a quando farà battere cuori facendoti rivivere George.

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