La Campania è la regione più povera d’Italia

La Campania è  la regione più povera d’Italia. Nulla di nuovo se non un destino già scritto. La linea del rigore non basta, una politica con una testa ed un cuore al nord ha cancellato politiche per il sud ed in particolar modo per la regione Campania. Sanità, welfare, investimenti, fondi Por tagli su tagli per raggiungere questi risultati. Che dire ottima politica negli ultimi anni, si è raggiunto l’obiettivo che la lega si è prefisso: la questione settentrionale.  Una visione miope che ha portato il paese Italia alla deriva. Una crisi che è sotto gli occhi di tutti. Il paese cresce se cresce il sud è una norma elementare. Il Pil cresce se le aree depresse iniziano ad avere una mission, ed invece… Il Mezzogiorno è a rischio desertificazione industriale e segregazione occupazionale, dove i consumi non crescono da quattro anni, la disoccupazione reale supera il 25% e lavora meno di una giovane donna su quattro. Questa la mappa che esce dall’ultimo Rapporto Svimez 2012. Un mezzogiorno che soffre e che è stato cancellato dall’agenda politica del paese. Dal 2007 al 2011, l’industria al Sud ha perso 147 mila unità (-15,5%), il triplo del resto del Paese (-5,5%), e ha accelerato la fuga verso Nord degli abitanti. Nel 2011 i pendolari di lungo raggio sono stati quasi 140 mila (+4,3%), dei quali 39 mila sono laureati. La regione più povera è la Campania, con 16.448 euro. Il divario tra la regione più ricca e la più povera è stato nel 2011 di oltre 16mila euro: in altri termini, un valdostano ha prodotto nel 2011 oltre 16mila euro in più di un campano. La cosa assurda è che neppure ci si sforza di comprendere quale, dall’unità d’Italia ad oggi, sia stato l’atteggiamento dei governi del Nord di fronte a questo nostro Sud.  Al meridione in questi lunghi anni è stato dato assistenzialismo mentre gli imprenditori del Nord venivano a costruire cattedrali nel deserto che a nulla sarebbero servite. Una filosofia e un modo di agire che ha puntato piuttosto che governare questi territori a come commissariarli. Oggi il sud deve avere un nuovo scenario unitario per affrontare la questione mezzogiorno. Guardare le regioni del Sud. Uno scenario interessante che proietta in modo serio il meridione in una nuova dimensione, la dimensione del Mediterraneo, la dimensione degli scambi tra e con culture diverse. Una dimensione che vede il Sud come soggetto di pace, come soggetto portatore di un nuovo concetto di democrazia che parti dal basso.  Il Sud oggi deve essere visto secondo la giusta angolazione, vale a dire se il Mediterraneo lo si vuole guardare da Posillipo o da Scampia, se al centro debba esserci soltanto un dibattito culturale o se si vogliono affrontare realmente le questioni, incominciando a guardare, però il Mediterraneo da Scampia, da Ballarò, dalla zona Tamburi,dallo Zen. Nel Sud dei diritti negati, nel Sud delle precarizzazioni, nel Sud dove anche l’acqua viene privatizzata, è necessario, ora più che mai, un patto tra chi il Mediterraneo vuole vederlo dai quartieri su citati,  in altre parole attraverso gli occhi di chi ha difficoltà ad arrivare a fine mese, di chi aspetta settimane su settimane per ottenere una visita medica, di chi è chiamato a fare i conti con la mancanza di un lavoro vero, attraverso gli occhi di quell’universo di invisibili. Lanciamo un ponte per Scampia, per Ballarò, per lo Zen, per il Rione Tamburi. Lanciamo un ponte per i “sud” del mondo. Non esistono più modelli cui fare riferimento, né politici, né ideologici, il nuovo millennio rappresenta per il Sud e per la Campania in particolare la fine di tante illusioni. Parecchio si è consumato, bisogna di nuovo prendere atto delle condizioni attuali e ricominciare. Occorre un poco di orgoglio ed un senso di appartenenza nuovo al nostro territorio, per cambiare rotta ed andare verso il progresso. Nuova cultura del territorio, nuovo modello di sviluppo, nuova politica, lotta contro il degrado e la delinquenza organizzata. Bisogna ritornare, con pazienza e determinazione, ad essere padroni del nostro futuro. Questo dovrà essere il programma di un cestro sinistra che vuole non governare il paese ma cambiarlo.

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