Gli Occhi di Zaira

Esce oggi in tutte le librerie il nuovo  romanzo dello scrittore stabiese Gennaro Fiorillo: Gli occhi di Zaira. Edito dalla casa editrice vesuviana,  Il quaderno edizioni, centododici pagine da leggere tutto d’un fiato. Gennaro Fiorillo operaio-scrittore è al suo secondo romanzo per dicembre sarà pronta la sua prima raccolta di poesie dopo aver vinto vari concorsi letterari. Lo scrittore stabiese con il suo nuovo lavoro scava nel ventre di Napoli a distanza di più di cento anni da quello spaccato indimenticabile tratto da Matilde Serao. La location è diversa, il romanzo è ambientato nella Castellammare di Stabia dei nostri giorni, ma le situazioni, seppur con una evoluzione sono le stesse. Leggere questo romanzo è come vedere un film d’autore, d’annata, un film neorealista, in bianco e nero, al quale grazie alle nuove tecnologie, è stata ridata luce, colore. Ne “Gli Occhi di Zaira” c’è una Castellammare, una Napoli che sa di Eduardo, ma anche di Peppe Lanzetta, la Napoli vera, la Napoli non oleografica, la Napoli strada senza via d’uscita, la Napoli dove tutto può essere il contrario di tutto. Una scrittura coraggiosa quella di Fiorillo al suo secondo romanzo.  Un libro pasoliniano, un “Ragazzi di vita” dei nostri tempi con un’unica grande differenza: Pasolini, l’ultimo grande poeta del secolo scorso, ha analizzato quel mondo dall’esterno, entrandoci dentro, ma non in prima persona: quello non era il suo mondo. Un romanzo verista: Un palazzo è un palazzo, un morto ammazzato è un morto ammazzato. Ne “Gli Occhi di Zaira”, una giovane prostituta, riflette i tanti morti ammazzati ad ogni ora del giorno, i ragazzini armati pronti a lavare col sangue finanche uno sguardo di troppo, il grido disperato del ventre di Napoli – di Stabia. In Gennaro però, che dipinge un quadro da distanza ravvicinata, con tutte le sue sfumature e sbavature, c’è la voglia di guardare avanti. In questo romanzo c’è la provincia di Napoli, la più grande metropoli europea. La più grande periferia del vecchio continente che si fa città con i pregi e i difetti di una metropoli. Dove le storie di vita, quella vissuta ai margini, senza regole, in una terra di nessuno, trovano una collocazione quasi geometrica. Ne “Gli occhi di Zaira” c’è la camorra che non è e non può essere intesa come un corpo estraneo ma come un importante fattore di regolarizzazione sociale dell’area napoletana. La camorra, questa endemica mala pianta, ha avuto negli ultimi vent’anni una crescita esponenziale, balzando così nelle cronache quotidiane non solo per i suoi delitti o per il suo folclore, ma anche con la sua iniziativa economico-finanziaria, con i suoi rapporti con la politica, con l’ecologia tramite l’ecomafia e via elencando. Così la camorra è entrata non solo nelle cronache delle attività criminali ma nella vita di tutta la società napoletana e nazionale. Nel libro di Fiorillo c’è tutto questo. Vi sono modelli etici che formano la mentalità camorristica come l’onore, l’appartenenza al gruppo, al potere che è solo maschio ed alla femmina che è moglie-madonna o prostituta, valori che ritroviamo nelle canzoni, nelle sceneggiate, nei vicoli.

Una miscellanea di colori, rabbia, tristezza, voglia di riscatto e di verità. Sì di verità, quella che fa male, quella che fa mancare il respiro, quella che solo chi la vive può realmente capirla. Solo

chi è nato da queste parti, può esprimere certi concetti. Forse è difficile soprattutto per chi vede il Sud, Napoli e la sua provincia, come semplici luoghi geografici. Per Gennaro, figlio del Sud, la nostra terra è un luogo dell’anima ed in questo libro traspare tutta la sua anima intrisa di rabbia ed amore. In trasparenza si vedono i vicoli, i suoi colori, la sua umidità, il suo calore, la sua puzza, il suo cemento che ha cementificato anche gli animi. Ma Castellammare – Napoli, questo pezzo di Sud del mondo, ha un’anima che ha bisogno di essere scossa, rispettata si ma non assecondata: serve un sussulto collettivo.

La storia di Tony Montella, il protagonista di questo libro, è la sua storia di vita, una storia come tante da queste parti. La storia di chi prova a scalare le vette della camorra locale con violenza. La storia di un ragazzo che, diventando camorrista dove la camorra è normalità, finisce per risultare gentile nella sua terra. Una storia vera, com’è vero il nostro territorio, una storia che sembra un pezzo di un puzzle che si ricompone nel grande mosaico che è Napoli e la sua provincia. Un mondo fotografato con una vecchia Polaroid che dà colore ad una vita in bianco e nero. Colori, quelli di Gennaro Fiorillo, accesi, forti, pieni, ricchi di sfumature. In queste pagine scorre il sudore, romantico e malinconico, di un sud che stenta a prendere consapevolezza dei suoi drammi. Un tratto “romalinconico”, verista, ricco di rabbia ed amore. Ben rispecchia Gennaro la grande umanità di un popolo che guarda il mare ed il cielo con affidamento. Queste parole, questa rabbia in sè un je accuse e una voglia di riscatto.

Gennaro descrivendo con tratti di normalità la figura di un camorrista dice con chiarezza che occorre intervenire non solo in termini repressivi ed economici. Il problema è culturale, la camorra non è un fatto normale, la sua descrizione come fatto a dir poco normale in questo libro è uno schiaffo a chi vive da queste parte, a chi convive con questa metastasi. Il problema di Napoli non è solo la disoccupazione, non è solo la malavita, ma essi sono i sintomi di un male profondo. Ogni azione intesa a contrastare solo i sintomi diviene vana e la camorra risorgerà sempre. Ecco dunque che Gennaro nell’affrontare la camorra “normale”, affronta la mentalità che la sorregge e la nutre. La mentalità è una sorta di griglia attraverso cui noi leggiamo la realtà per poterla comprendere e poterci rapportare ad essa, assumendo determinati comportamenti. Questa griglia è costituita da tutte le credenze, le idee, gli atteggiamenti e le aspettative nei confronti di noi stessi, del mondo esterno, e dei propri rapporti con esso. Nei fattori determinanti la mentalità bisogna considerare anche quegli elementi di cui l’individuo non ha piena coscienza, ma che possono essere inseriti da altri di cui si ha una manifestazione diretta. Ben pochi hanno evidenziato che, rovesciando un luogo comune, non è la ricchezza che produce l’equilibrio sociale ma è l’equilibrio sociale dovuto alla cultura che produce vera ricchezza. Gennaro, con Gli Occhi di Zaira è riuscito a fare questo.

Un vero e proprio viaggio nel ventre molle fatto da uno dei protagonisti di questa terra amara, ma come si sa a Napoli: amare è ‘o bbene!

Buona Lettura

Tonino Scala

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