Caso Melito, perchè Sel ha scelto di non entrare nel centrosinistra

L’analisi fatta da Isaia Sales, sulle colonne del Corriere del Mezzogiorno, ci impone una riflessione autentica e senza sconti sullo stato di salute della politica in Campania. Le risposte di Carpentieri e la ricostruzione di Diego Belliazzi hanno offerto un ulteriore contributo ad una discussione che non può appartenere solo al Pd. Sel,  pur nella modestia delle proprie forze, ha fatto scelte diverse in quella realtà che riteniamo opportuno raccontare. Melito, caput mundi? Assolutamente no, ma è anche da quella vicenda che occorre ripartire, da quei territori di frontiera e in frontiera dove il centrosinistra ha collezionato trionfi e fallimenti, occasioni mancate e zone d’ombra che vanno una volta per tutte diradate. Sono venti anni, dalla Commissione Antimafia Violante del 92, che non c’è un documento redatto in maniera circoscritta e in forma ufficiale sul nodo tra politica e camorra. Tante le inchieste, tanti i libri di scrittori noti e meno noti, tante le analisi dei magistrati, qualche isolata denuncia di singoli esponenti politici, ma sono venti anni che un’organica e definita analisi sui rapporti di forza tra la criminalità organizzata e lo stato non viene fatta dal Parlamento. Tuttavia questi sono stati gli anni di decine di scioglimenti per infiltrazioni camorristiche, gli anni in cui il leader principale del centrodestra è finito in carcere perchè considerato un uomo a disposizione dei casalesi. Sono stati anche gli anni dove si sono ricostruiti nuovi equilibri politici ed in alcune aree territoriali nuove classe dirigenti, fondate su rapporti clientelari, filiere economiche ben definite. La sinistra per essere credibile deve fare i conti con questo ventennio se vuole aggredire i rischi del presente.  Laddove poi sono verificate commistioni sulla gestione amministrativa e sulla complicità con i poteri camorristici deve scegliere di andare da tutt’altra parte. Sel, nelle ultime due tornate elettorali a Melito, ha  deciso di non entrare nella coalizione di centrosinistra, perchè non c’erano le condizioni politiche per un accordo. Quella scelta, esplicitamente di testimonianza, sapevamo che ci avrebbe condotto ad una sconfitta sicura. Ma dal nostro punto di vista era giusta e non esitammo a capeggiare la lista di sinistra nell’ultima tornata elettorale della primavera scorsa per rappresentare una vicinanza politica e umana ai compagni di quel territorio. Provammo tuttavia al tavolo provinciale dei partiti a segnalare il problema, ma non ci fu data risposta dall’allora segretario provinciale Gino Cimmino. Bisognava cambiare il segno del centrosinistra.  Indicare una rottura autentica con il gruppo dirigente territoriale che aveva addirittura subito l’onta del Commissariamento prefettizio. Quella stessa coalizione che, con prima firma Carpentieri, allora capogruppo della Margherita, presentò un ricorso al Tar contro lo scioglimento del consiglio comunale. Non fu una scelta neutrale. Fu la dimostrazione che ci si collocava da una parte chiara. Ed oggi, dopo alcuni mesi di governo, non emerge nessuna discontinuità. Nulla di nuovo si è manifestato nel centrosinistra melitese e nulla di nuovo si manifesta oggi con le dichiarazioni rilasciate qualche giorno fa da Carpentieri. Roberto Saviano, in un reportage su La Repubblica nel febbraio 2011 dal titolo “così votano i boss” affermava: ” tra i dirigenti del Pd di Melito vi sono tanti amici e collaboratori di Alfredo Cicala ( che il boss pentito Prestieri descrive come l’ ” unico politico ammesso ai summit del clan Di Lauro). Quegli uomini oggi non sono stati allontanati dalla direzione di quel Municipio? Accanto a questo, non ci convinsero allora le improvvise dimissioni di Carpentieri da sindaco nel 2012 e il rientro successivo, mai spiegato davvero. Quest’ ultimo dichiarò genericamente di essere stato vittima di qualcuno che faceva politica spalleggiato dal “guappo di turno”. Un fatto gravissimo. Il primo cittadino minacciato dalla camorra. Ma i nomi e cognomi non sono mai saltati fuori. E chi li conosce avrebbe il dovere di farli, di tirarli fuori per far conoscere alla cittadinanza la verità storica e far capire da chi la politica tutta deve stare lontano. Abbiamo deciso di scrivere questa lettera per raccontare una scelta politica, dunque. Non abbiamo voglia ne’ interesse a entrare nel dibattito interno al Pd. Abbiamo un profondo rispetto per quel partito, con cui in tanti comuni governiamo e proviamo a cambiare contesti  estremamente degradati. Ma per offrire ai lettori anche un pezzo del punto di vista di una forza che ha fatto scelte anche difficili e impopolari. Lo dobbiamo ai tanti giovani che credono ancora nella politica come impegno per il cambiamento e sono pronti a scommettere su un nuovo centrosinistra in grado di interpretare una nuova stagione di lotta contro la camorra.

Arturo Scotto

Tonino Scala

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