Al Pascale…

di Tonino Scala

 

Vorrei non andare al Pascale, ma… A volte lo odio quel posto, a volte lo amo. È un santuario di speranze e di cure, di patenze e di posso-devo farcela, una palestra di vita. Oggi non è giornata. La temperatura interna sale, quella esterna scende. Le coperte non vogliono lasciarmi, il cuscino mi trattiene. Sono le 5 e son solo con i miei pensieri e la macchinetta del caffè che non vuole borbottare. Apro il rubinetto, anche l’acqua non vuole uscire: come la capisco! Faccio anima e coraggio, mi vesto e…scendo. Fa freddo fuori, il vento polare taglia la faccia. La strada è ghiacciata, i pini mi guardano interdetti: ma chi te lo ha fatto fare, perché sei uscito? Vorrei rispondere, ma come si risponde a un pino? Cappello, sciarpa e cappotto per riscaldare il corpo traboccante di colesterolo che intasa le arterie dopo le feste di Natale. Anche la mia Zafira è raffreddata, stenta a partire, non è la sola. Vorrei darle una tachipirina, ma non credo sia utile. Radio Margherita dá una Nada d’annata che mette calore ma…che freddo fa, ma che freddo fa. È buio e la gente è già in strada. Gli spazzini lavorano, i bar macinano i primi caffè. Nelle macchine si vedono volti assonnati e raffedati: non siamo abituati al freddo, c’è poco da fare. Uscita Colli Aminei, non so perchè ma i miei occhi leggono Copacabana. Parcheggio, saluto la Madonnina che mi aspetta a piano terra e salgo. Al Pascale una mamma e una figlia si abbracciano di sicuro sono qui per la prima volta. Quell’abbraccio intenso in una sala d’attesa calda ma fredda, riscalda gli animi che hanno bisogno di trovare calimma. Abbracci, abbracci che riscaldano, abbracci che ti fanno star bene, abbracci che intrecciano cuori, che tramettano endorfine, che  rendono umani. Abbracci, abbracci e nulla più, abbracci che ti dicono tante, troppe cose. Quanto costa un’abbraccio? Niente, ma vale tanto. Abbracci contagiosi,  abbracci semplici e intensi, abbracci che ti fanno sentire che non sei il solo al mondo. Ci si abbraccia in due, ci si abbraccia per dire “we ci sto pure io qua,  tranquillo, tranquilla”, ci si abbraccia non per consuetudine ma per volere. Ci si abbraccia quando si sente il bisogno dell’altro, ci sia abbraccia poco perché siamo avari. Il tabellone si è acceso, la guardia giurata ci riporta alla routine settimanale, mentre una mamma e una figlia continuano ad abbracciarsi. Abbracciatevi ne avete bisogno, ne abbiamo bisogno…Tutti!  Sarà un abbraccio a salvare il mondo, almeno il nostro mondo! Un abbraccio dal Pascale dove un abbraccio vale più di mille cure. Curatevi, curiamoci.

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