
di Tonino Scala
Napoli – New York
Un film di Gabriele Salvatores, da un soggetto di Federico Fellini
Ci sono film che non si dimenticano facilmente. Non perché siano spettacolari o sorprendenti, ma perché toccano corde profonde, intime, che sembravano sopite. Napoli New York, l’ultimo film di Gabriele Salvatores tratto da un soggetto di Federico Fellini, è uno di questi. Un film da vedere. Punto.
È malinconico, sì, profondamente. Ma non è una malinconia triste: è quella dei ricordi, delle partenze, dei sogni che sembravano immensi. Racconta la storia di due bambini che sognano l’America, ma è come se raccontasse anche la nostra storia. Quando i migranti eravamo noi, quando Napoli era un punto di partenza e l’oceano sembrava una promessa.
Salvatores ci porta per mano in un tempo che sembra lontanissimo eppure così vicino. Lo fa con delicatezza, senza retorica, senza bisogno di alzare la voce. Ti ritrovi a pensare ai pregiudizi, a quelli che abbiamo subito e, forse, oggi finiamo per replicare senza accorgercene. Ti viene da chiederti quando abbiamo dimenticato quella fame, quella speranza, quella voglia di un futuro che ci facesse respirare.
Ho provato commozione, è vero. Ma anche una specie di gratitudine: perché questo film non ha paura di ricordarci da dove veniamo. Le immagini sono poetiche, i dialoghi essenziali, i silenzi pesano più delle parole. E poi c’è Napoli, così viva e struggente, e c’è New York, così lontana eppure sempre sognata.
Napoli New York è un film che ti resta addosso. Che ti accompagna anche dopo i titoli di coda. Un film da vedere per chi ha memoria, per chi ha cuore. Per chi sa cosa significa partire. E, in fondo, anche per chi ha dimenticato.
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