L’Ultimo Saluto dei Dimenticati

di Tonino Scala

Davanti alla grande basilica, sotto il sole che si rifletteva sulla scalinata, si sono radunati in silenzio coloro che troppo spesso restano ai margini: poveri, trans, detenuti in semi-libertà, e chi nella vita ha conosciuto più porte chiuse che abbracci. Erano lì, in quaranta, a rendere omaggio a chi non li ha mai lasciati soli.
Tra le mani, rose bianche. Un gesto semplice, ma carico di significato. Nessuna barriera di protocollo o distanza cerimoniale li ha fermati: hanno atteso, composti, in un angolo della piazza, pronti a testimoniare con la loro presenza una gratitudine silenziosa.
Quando la bara è arrivata, i loro sguardi si sono fatti intensi, quasi volessero trattenere per sempre quell’ultimo istante. Non potevano avvicinarsi, ma c’erano. E, forse, proprio questo essere presenti senza clamore ha dato più forza al loro saluto di mille parole.
Tra di loro c’era anche Tamara, una donna trans argentina, che ha raccontato l’emozione di essere lì nonostante il dolore per una vita vissuta spesso ai margini. Una presenza che non ha chiesto spazio, ma che, proprio per questo, è riuscita a riempirlo.
È stato un commiato intimo e potente, quasi un rito di restituzione. Gli ultimi — quelli che la società tende a nascondere — hanno camminato accanto a chi li aveva riconosciuti, aiutati, ascoltati. Un filo invisibile li legava, fatto di piccoli gesti, attenzioni quotidiane, carezze invisibili che in molti non hanno mai visto, ma che loro non dimenticheranno.
In un angolo della basilica, tra una preghiera e una lacrima, si è rinnovato un patto silenzioso: nessuno è veramente solo finché qualcuno si ricorda di lui. E oggi, su quella scalinata, i dimenticati hanno ricordato a tutti che la dignità non si misura dal potere o dalla fama, ma dalla capacità di amare e accogliere.

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