Lo Spicciafaccende – recensione

Copertina-spicciafaccende-isbndi    Floriana Mastandrea

 “36 Il simbolo con il quale Achille Occhetto cambiò la storia del più grande partito della sinistra italiana… sette lettere… lo so, lo so bene perché è da lì che sono iniziati i problemi. Perché cambiare il nome? Questo non l’ho mai capito. Quella bella falce e martello non andava bene? Cambiando cambiando, hanno modificato l’anima di un grande partito. Berlinguer si starà rivoltando nella tomba. I comunisti italiani sono stati un’altra cosa rispetto al comunismo. Ci hanno fatto diventare prima rafanielli rossi fuori e bianchi dentro e poi cipolle: tutti bianchi. Chi se lo sarebbe mai aspettato che il Partito comunista italiano si sarebbe trasformato in Democrazia cristiana? Assurdo, ma è proprio così! Ritorniamo al cruciverba altrimenti la bile al fegato aumenta ed io non mi posso intossicare… Sette lettere? Quercia… addò piscene e cane!”. Dalla sua macchina-ufficio ambulante, alle prese con il cruciverba, è Mario, un ex ispettore di  polizia, licenziato per aver protetto un suo collega, marito e padre di due figli. Durante una rapina, mentre Mario stava cercando di mediare, il collega, a cui si era inceppata la pistola nella fondina, gli aveva preso la sua e aveva ucciso i due ladri. Al processo, Mario non aveva raccontato come erano andati realmente i fatti e per questo si era guadagnato il licenziamento dalla polizia e il grande rispetto degli amici e colleghi. Cosa fare però, ora che a cinquant’anni era rimasto improvvisamente disoccupato?  La creatività napoletana, in coerenza con le sue origini e i luoghi in cui dopo aver lavorato nella nebbiosa Crema, era tornato a vivere, lo avrebbe salvato o quantomeno, gli avrebbe fornito qualche opportunità. A Castellammare di Stabia, in un monolocale, Mario cantava il neomelodico sotto la doccia e viveva di espedienti: avrebbe fatto qualunque cosa gli fosse stata chiesta, salvo spacciare o creare morte, perché aveva un’etica e una morale. Mario, dotato di quel senso di fatalismo e ironia che solo l’appartenenza a un mondo che aveva fatto della necessità di arrangiarsi, un’arte, poteva conferirgli, elogiava la lentezza, riuscendo a godere delle piccole cose fornite dal paesaggio e amava le donne, ma sebbene si inventasse qualunque cosa pur di conquistarle, non era un donnaiolo: delle sue si innamorava perdutamente. La sua vicenda si snoda proprio intorno a quella di una donna, che al cimitero ritrova sulla tomba la fede del marito morto in Qatar, del quale non ha più rivisto il corpo e che ora crede vivo. Un giallo che la donna chiede proprio a Mario, nel DNA rimasto un investigatore, di disvelare: ci riuscirà?

Il romanzo di Tonino Scala, che non manca di momenti di suspense, è anche uno spaccato sociologico del territorio, un tuffo nel senso della napoletanità, un inno al legame e alla difesa delle radici. Gli eventi si intrecciano con la doviziosa descrizione dei personaggi e degli ambienti in cui accadono, conditi di significativi modi di dire dialettali e colte citazioni, che arricchiscono lo scenario, rendendo il tutto più credibile e godibile. Per chi conosce l’atmosfera di Napoli e provincia, è una conferma di modi di vivere e pensare, per chi ne è ignaro, un modo per addentrarsi. L’atmosfera di Napoli, è quella di “città maledetta, meretrice e santa, vergine e puttana”, per dirla come l’autore, con Anna Maria Ortese. Anche il protagonista la percepisce, seppur stravolgendone il significato. Per Mario la bellezza di Napoli, è un paesaggio unico ed essenziale per dimenticare gli affanni: il mare che la bagna, inonda i suoi pensieri,  lasciandolo incantato, come di fronte a una bella donna. “Il primo pensiero è quello di non toccarla, ma di ammirala, per fare, come si dice a Napoli: Uocchie chine e mane vacante”.  Capitoli brevi e scrittura fluida, rendono il racconto ancor più intrigante: una volta iniziato, si ha voglia di leggerlo tutto d’un fiato per scoprire come va a finire.                                                                                                                              Dell’autore, per il quale scrivere ha un senso liberatorio, nel giallo si intuiscono l’esperienza e il carattere, nonché la sensibilità, compresa quella politica. Nato in Germania, Tonino Scala vive nel napoletano e, oltre che scrittore di saggi e narrativa, è giornalista e politico, già Presidente della Commissione Speciale Regionale Anticamorra. Collabora con varie testate e ha fondato la rivista on line, Sinistra e Mezzogiorno.

Mistero napoletano          TONINO SCALA

Il quaderno edizioni            pagg. 155 €

Share this nice post:

Be the first to comment

Leave a Reply

L'indirizzo email non sarà pubblicato.


*