“LA VINERIA SENZA CUCINA”

Una volta, vari anni fa, in tutt’Italia c’erano i caffè, le latterie, le drogherie, punto di riferimento e luogo di raccolta , soprattutto alla sera, dopo il lavoro.
I caffè dove, attorno ad un biliardo o ad un tavolino per il gioco delle carte, si alternavano operai e professionisti, giovani ed anziani, in uno spaccato di società autentico, senza fronzoli di nessun genere.
Molte sono le canzoni che narrano di questi ambienti: “Il Riccardo” di Giorgio Gaber è una di queste. O, sempre del Signor G, “Barbera e champagne”.
Le latterie non vendevano solo latte ma anche dolci, biscotti e cose simili ed avevano riservato un angolo del locale ai clienti più fedeli, per la lettura del giornale o per la partita di carte.
Le drogherie, ovviamente, non vendevano le droghe di oggi ma spezie di ogni genere: in questi locali dall’odore assai particolare c’era quasi sempre lo spazio per sedersi, leggere, giocare a carte.
Ora, in pieno 2019, questi locali sono quasi del tutto scomparsi; ne rimangono pochi, pochissimi, soprattutto nei piccoli paesi del Sud.
Era l’Italia che si riuniva attorno ad un tavolino sul finire della giornata; un’Italia che non c’è più scomparsa sotto televisori a colori in tutte le stanze della casa, smartphone, computer, tablet e con l’aggiunta del “riflusso nel privato”.

Domenica 10 marzo, in Piazzale Matteotti a Portici, vicino “Villa Savonarola” di Corso Garibaldi, sulle ceneri ancora calde del “Bar Vertigo”, è nato “La vineria senza cucina”.
Attilio è lo chef, Alberto gestisce la sala, Aldo è “super-partes” (nel senso che è un po’ tutto, un po’ niente, dandosi molto da fare con la sua innegabile affabilità): “Carissimo Emilio, questa è una bettola d’altri tempi. Attualmente ha 40 coperti che aumenteranno con la “bella stagione”, all’esterno. Sono previste “serate a tema” e musica dal vivo. E’ l’unico locale del genere a Portici e dintorni…”.
Nel frattempo, il locale si affolla: Attilio inizia a muoversi in maniera decisa, nonostante una musica di sottofondo piuttosto soft (ah, a proposito: a mio modesto parere, sarebbe il caso di mandare in onda solo musica soul, blues, medioevale, old west, new-age, country, “cantautorale” ma certamente né rock, né pop, né neomelodica, né rap, né hip-hop!); Alberto versa da bere a destra e a manca; Aldo, da buon Cicerone, mi mostra altri aspetti del locale.
“Emilio amabile – continua a spiegare – devi sapere che una volta il vino si beveva in scodella: le prime osterie erano luoghi dove si beveva vino sfuso. Successivamente si iniziò a trovare anche il cibo e ci si poteva fermare a bere e a fare due chiacchiere ma l’oste non forniva calici così ci si portava da casa la scodella. Spesso gli avventori la lasciavano in osteria dove, rigorosamente, non veniva mai lavata perché i grandi bevitori  si riconoscevano dai fondi rossi lasciati dal vino sul fondo della ciotola. Più i fondi aumentavano e più eri riconosciuto come un grande bevitore…”
Da dietro al balcone interviene Alberto che urla a me, facendosi sentire da tutti: “Tranquillo, Emì: noi le ciotole le laviamo!”.
Risate generali mentre salumi e formaggi iniziano ad apparire sui tavoli; il vino è spillato dalle botti o versato da bottiglie etichettate; taglieri di vario genere vengono (assai) apprezzati da tutti. E, poi, cicoli-ricotta, pane-e-genovese, pane-e-polpette, porchetta-e-friarielli…
C’è chi brinda ad un amore nato e chi ad uno finito, chi ad una squadra di calcio e chi ad un esame superato: da “La Vineria senza cucina” c’è sempre un motivo per brindare con dell’ottimo vino!

EMILIO VITTOZZI

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